Il suo amore con un’altra ragazza, identica a lei, cresce ogni giorno. Le due adolescenti costruiscono un legame fortissimo, quasi una dipendenza. Si incontrano, e passano ore ed ore insieme.
Un giorno però una delle due non si presenta. L’altra attende invano il suo arrivo, finché non decide di fare qualcosa: uscire, e andarla a cercare. Ma scoprirà un’atroce verità.
Nel 2017, la quattordicenne britannica Molly Russell,
viene trovata senza vita nella sua camera.
Nel 2022, in seguito alla perizia, il medico legale dichiara che la responsabilità del suicidio dell’adolescente sia da attribuire ai social network e ai loro algoritmi.
Un episodio storico, passato in secondo piano, ma che mette in luce una serie di ombre e riflessioni: il rapporto con i social network, le intelligenze artificiali, le responsabilità legali, la coscienza collettiva.
Molly è una storia di specchi e trucchi: quelli con cui ormai siamo costretti a vivere ogni giorno. Diverse versioni di noi, maschere dietro i nostri avatar.
L’opera rientra nel percorso di ricerca multidisciplinare
di Cubo, in cui ogni elemento, dalla drammaturgia alla composizione musicale, alle visual, viene costruito insieme agli altri, e contribuisce a creare un oggetto sinfonico,
visivo, drammaturgicamente coerente.
L’insieme, pur essendo multidisciplinare, assume una coerenza a una unicità che cerca di interpretare il presente per verificare le radici del nostro futuro.
Molly è vista solo di profilo. Guarda una videocamera, anch’essa di profilo. Eppure il risultato è diretto, su schermo, verso il pubblico: uno specchio che viene manipolato in diretta, così tanto da dimenticarsi della presenza dal vivo.
Molly è così un oggetto di video/arte, un film, composta e prodotta
in diretta. Molly è una creator. Noi l’oggetto della sua seduzione.
Un corso storico che ci sta scivolando sotto gli occhi, in cui si intrecciano rapporti umani, il senso della vita dei giovani ragazzi e ragazze, declinato attraverso il rapporto con una nuova generazione di creature aliene: gli algoritmi, generati e creati al solo scopo di produrre profitto.
L’opera rientra nella ricerca iconografica di Cubo:
l’indagine sull’adolescenza, radice profonda di ciò che sarà il futuro della specie.
Dopo Sid – ragazzo di seconda generazione di periferia; Gaia – giovane raver che combatte l’estinzione; raccontiamo Molly, ovvero la narcosi
del narcisismo e le conseguenze depressive
del nostro mondo edonico.
La collaborazione tra l’autore Girolamo Lucania e l’attore Malanchino è semplicemente perfetta. Il primo crea un personaggio incantatore, il secondo gli dà vita sul palco come meglio non si potrebbe. Ogni suo racconto incanta il pubblico, Sid potrebbe raccontare qualsiasi cosa, prende per mano l’ascoltatore e lo porta dove vuole senza incontrare la minima diffidenza. Ed è proprio così che riesce a diventare persino uno spietato assassino seguito sui social network. Ammazza esseri umani e ammazza il tempo.
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Il discorso teatrale interpretato da Alberto Boubakar Malanchino è il grido di una generazione. Si tratta di un testo che lascia con il fiato corto e non solo per il ritmo sincopato della prosa. La sua ribellione è anche nella cultura, nei libri di Rimbaud nella musica di Mozart.
Cubo Teatro mette in scena un personaggio complesso e pieno di contraddizioni, con dentro un buio e un vuoto che attanaglia le viscere. È il futuro. Un futuro senza identità. Un presente senza futuro. Sid cerca l’identità, il suo palcoscenico è il mondo, la sua Croisette i Social, la vita il suo film. Il suo pubblico il mondo. Gli outfit bianchi, come il lutto per la sua vita, scintillante perché griffata.
Uno spettacolo a tratti concitato, a tratti dolente. È sotto gli occhi di tutti come l’apparire, il possedere cose siano diventati gli idoli a cui tutto si sacrifica, eppure cerchiamo d’ignorarlo.
Sid, con il suo monologo rappeggiante, ci mostra il vuoto, la noia per tutto ed insieme l’intenso desiderio di una felicità, pienezza di vita che sembrano nascondersi ed allontanarsi sempre.
Sid con le sue parole accusa una società che a parole promette inclusione, successo, benessere, amore, ma nei fatti mantiene le distanze, le separazioni e nega un futuro a chi vorrebbe riscattarsi.
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SID, Fin qui tutto bene: suggestiva performance di un teatro capace di ipnotizzare lo spettatore.
Sid è creatura bifronte alla disperata ricerca di nuove strade da percorrere in un futuro tutto da scrivere.
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La colonna sonora, la parola e l’espressività mimico-coreutica dello scatenato Alberto Boubakar Malanchino fanno un tutt’uno, innestandosi, sostenendosi e alimentandosi a vicenda, per un’ora e dieci di spettacolo senza un istante di tregua: così come la spericolata vita di Sid, ladro, assassino, simbolo estremo di una generazione che non riesce a trovare un’identità.
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Il ritmo impresso in scena da Alberto varia, pur senza un attimo di sosta o di esitazione, sotto la spinta delle parole e degli stati d’animo del suo personaggio. Ed è un continuo dialogo fatto di suoni con i musicisti, Ivan Bert, Max Magaldi. Non è una autostrada, potremmo dire: è una strada tortuosa, con continue ardue salite e impegnative discese. E Alberto è davvero fantastico nel percorrere questo testo. Entra nel personaggio, cattura lo spettatore, lasciandogli il compito di abbandonarsi alle parole. E alla fine applaudirlo. Una ottima prova d’attore, ma anche uno stimolo ad abbandonare stereotipi e giudizi-pre.
[...]il monologo di Sid – Fin qui tutto bene interpretato da Alberto Boubakar Malanchino, per raccontare le periferie e forzare il muro dei soliti stereotipi con una prosa graffiante e una performance prodotta da Cubo Teatro. Sid è un colto serial killer delle periferie che soffoca le persone con sacchetti di diversi brand di lusso e ascolta Mozart. La sua è una storia di esclusione, di una periferia urbana dove essere stranieri e poveri spesso coincide, ma è anche un’invettiva contro una società forgiata dalle diseguaglianze.
Per raccontare la sua parabola umana nulla gli serve, se non un leggio, un piazzato ad illuminarlo
dall’alto, una colonna sonora dai ritmi pulsanti, e soprattutto la forza di quelle parole che ne
definiscono il carattere e tracciano le coordinate di un’esistenza oggi presentata in forma di studio, ma domani prodotto compiuto di sicura presa sul pubblico.
Sid è creatura bifronte alla disperata ricerca di nuove strade da percorrere in un futuro tutto da scrivere.
La sua storia è un film “senza montaggio”, un torrenziale monologo che è un concerto Hip Hop suonato dal vivo: scorrono schegge di vita, di bullismo, di consumo, di ragazzi annoiati, dei “fuck you”, di canne, droga, desolazione, di vagabondaggi nei “templi del consumo”.
Sid ha convinto 19 soggetti, 19 è infatti anche il numero di repliche vinte dal collettivo torinese
che si è preso il rischio di proporre un prodotto in cui ibridare la forma teatrale e quella concertistica.
Si conclude con questa terza giornata la presenza di Persinsala a Kilowatt Festival 2023, in quel di Cortona – un’esperienza interessante sia per quanto riguarda gli spettacoli prettamente teatrali sia per quelli legati alle tradizioni circensi. Performance che, in modi diversi, cercano di coinvolgere il pubblico o di suscitare emozioni anche affrontando tematiche con le quali, nella nostra quotidianità, veniamo a contatto direttamente – o attraverso media sempre più concentrati sul pensiero unico dominante.
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Sono stati molti, negli anni, gli spettacoli che hanno messo in scena l’esistenza dei ragazzi (con tutte le sue traversie e delusioni) figli di immigrati giunti in Italia dai paesi di origine che hanno tentato, tra mille difficoltà, di trovare una giusta sistemazione di vita nel nostro Paese.
Ma i figli di quei ragazzi che sono diventati genitori, come vivono oggi le evidenti contraddizioni
della nostra società del benessere che li vede sempre più estranei? Sono cambiate le loro prospettive da quelle dei loro padri?
Un attore che sembra recitar sè stesso.
Uno e nessuno, con la sua tuta bianca e dentro un palco buio, Alberto Boubakar Malanchino
vorrebbe incarnare una molteplicità. Molteplicità anonima, e dunque comune a tanti, eppure
per certi versi particolarissima specifica quasi bizzarra. Ma non stiamo parlando per forza di
personaggi: stiamo parlando di molteplici storie e molteplici luoghi.
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Girolamo Lucania
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